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Gli attrezzi del Carpfishing

Nello scorso capitolo ci siamo lasciati con un terminale in mano, pronti per andare a pesca. A questo punto vediamo come risalire lungo la lenza a ritroso per vedere di cosa altro abbiamo bisogno fino ad arrivare alla canna da pesca e al mulinello.

In definitiva per completare l’innesco della boilie ci serve semplicemente un ago apposito con cui forarla per agganciare l’asola trascinandola, per poi bloccare tutto con un accessorio chiamato stopper (un piccolo pezzo di plastica a forma di clessidra).

Il montaggio basico prevede quindi un piombo di forma e peso adeguati al tipo di ambiente e alla potenza di lancio della canna usata, che in genere è passante (la lenza passa all’interno dello stesso) oppure disassato quando applicato esternamente alla stessa. Le prossime due foto rappresentano appunto il montaggio passante che è definito “in linea” e l’altro detto “bolt”.

Le forme dei piombi si possono suddividere in sferiche o ovali, con la massa molto compatta, (le più adatte per pesi fino a 90 grammi) a ogiva aerodinamiche, (le più adatte per cercare di lanciare più lontano possibile) ed infine piatte per una maggior stabilità in presenza di corrente.

Il peso si aggira fra i 60 ed i 120 grammi per gli usi più comuni e per il lancio, salendo oltre i 150 per scopi specialistici e per calare l’innesco a grande distanza o in presenza di fortissima corrente. (Queste tipologie d’approccio estreme che necessitano di attrezzature molto costose e tecniche sono ampiamente trattate negli altri libri) Dovendo consigliare un montaggio ideale per la maggior parte delle occasioni mi sento di scegliere quello disassato che è divenuto molto famoso grazie all’invenzione della safety clip, un accessorio in plastica commercializzato ormai da tutte le aziende del settore, inventato da Kevin Nash negli anni ’80.

Questa piccola clip si monta passante sulla lenza e si blocca a pressione sulla girella che in genere è fornita in blister nella misura più adatta allo scopo. Da un lato c’è il filo madre che arriva dal mulinello (dove avremo infilato anche il cono in gomma di bloccaggio) e dall’altro andremo a collegare il nostro terminale. Anche in questo caso il nodo Palomar è il più semplice e sicuro. Quindi applicheremo il piombo, anch’esso dotato di girella propria per garantire la mobilità, e bloccheremo il tutto con il gommino conico presente nel kit. L’operazione è molto facile e intuitiva e le immagini aiutano a capire come impostare il tutto.

Perché è così interessante il montaggio con la clip di sicurezza?

Il sistema aiuta molto a lanciare senza pericolo di creare garbugli fra lenza e terminale mantenendo un’ottima capacità di auto-ferrata della montatura. Questa qualità è il fondamento di questa tecnica di pesca fatta di lunghe attese dove il pescatore è impossibilitato a tenere sempre sotto controllo l’apicale della canna per verificare l’eventuale abboccata.

In pratica la carpa assume la nostra esca collegata come abbiamo visto al terminale. Se quest’ultimo funziona come previsto, l’amo si appunterà sulle labbra del pesce che spostandosi metterà in tensione il tutto incontrando la resistenza del piombo che farà penetrare più a fondo la punta. Ecco che a questo punto la carpa ne risulterà spaventata e cercherà di scappare dall’insidia velocemente, aumentando ancora di più l’aggancio, provocando una repentina fuoriuscita di lenza dal mulinello!

Questa è la famosa “partenza”, il momento più adrenalinico e atteso della pescata, che sarà segnalato vigorosamente dal cicalino della frizione (tenuta volutamente allentata per non far volare la canna in acqua!) oppure dal grazioso gracchiare dell’avvisatore elettronico, uno strumento utile, ma non indispensabile, di cui parleremo dopo.

È facile a questo punto comprendere come il peso del piombo sia determinante in questo frangente specifico e questo è il motivo che dovrebbe portare alla scelta della zavorra più pesante possibile fra il range utilizzabile dalla nostra canna da pesca.

La canna da carpfishing è un attrezzo specifico che viene definito in base al “libbraggio” un valore che determina il peso necessario a piegare a 90° l’attrezzo.

Si varia da 2 a 4 libbre, passando per una serie incrementale da mezza misura alla volta (2-2,5-3-3,5 ecc.). Più alto è questo indice e più lo strumento risulta potente e dedicato a lanciare pesi importanti.

Oltre alla potenza si valuta la lunghezza che nei modelli attuali spazia dai 3 a 3,90 metri (parlerò dei vantaggi di ogni misura nel capitolo sugli ambienti).

La canna considerata ideale per un impiego generale è la versione da 3 libbre per 3,60 metri di lunghezza (anche questa misura di descrive in unità inglesi, in questo caso 12 piedi) mentre misure più piccole si usano in genere dalla barca e le più grandi per lancio di potenza a lunga distanza (anche in questo caso vi rimando ad un libro più tecnico per approfondire e capire che attrezzo serve nei vari ambienti più difficili).

Il mulinello è in genere rapportato alla canna e da questo punto di vista conviene sempre ascoltare il consiglio del commerciante che ha una visione d’insieme e di prezzo più completa. Normalmente si parte da misure con capienza minima di filo di 200 metri di nylon da 0,30 millimetri a salire, dotati di buona frizione ed in genere dedicati alla pesca in mare o specialistici per carpfishing.

Questa misura è da considerarsi il minimo indispensabile per garantire sicurezza in termini di rottura accidentale della lenza. Io personalmente non sono mai sceso sotto lo 0,35 cercando sempre di selezionare monofili di ottima qualità prodotti da aziende con uno storico affidabile alle spalle.

Come potete notare si pensa sempre all’incolumità della carpa; di fatto la clip in questione si chiama “safety” proprio perché Nash studiò una soluzione in grado di far sganciare il piombo in caso di rottura, in modo che al pesce resti in bocca solo il terminale con l’amo e nient’altro.

Ecco quindi che muniti di un paio di canne e delle esche specifiche ci possiamo già teoricamente dedicare a questa nuova passione, non fosse che per la gestione minima in sicurezza, ci servono anche altri attrezzi.

La dotazione prevede, infatti, un guadino di adeguate dimensioni e il materassino di slamatura, accessorio che più di ogni altro identifica il carpista dal “carparo”. La carpa è succube della sua mole quando viene estratta dall’acqua e deve sempre essere maneggiata con cura, mantenuta bagnata ed adagiata su un supporto imbottito che eviti il contatto diretto con il terreno.

Quest’accessorio rappresenta un ottimo investimento in termini di etica e d’immagine tanto che sarebbe opportuno ammirare e imitare quei pescatori che hanno investito nel modello più sofisticato, grande e sicuro (tratterò l’argomento sicurezza e gestione del pesce in un altro capitolo). Le canne da pesca vengono in genere posizionate su picchetti in alluminio o acciaio (comuni a tutte le tecniche che prevedono l’attesa) dotati di avvisatori elettronici di abboccata.

Sono proprio necessari?

Francamente si potrebbe stare nei pressi delle canne e ascoltare il gracchiare della frizione, però il momento della “partenza” è così bello ed emozionante che vale davvero la pena di sentire squillare il sensore ed amplificare il godimento!

Si tratta di piccoli accessori elettronici muniti di rotellina magnetica, autoparlante e batteria, che emettono una sequenza di segnali proporzionalmente più dinamici in funzione della velocità di uscita della lenza dalla bobina del mulinello (il filo che esce passa sulla rotella e la fa girare più o meno velocemente). In commercio esistono strumenti di costo variabile in funzione delle molteplici regolazioni e del brand.

Se utilizziamo questo tipo di attrezzi ci servono anche dei tensionatori (in inglese swinger) che tengano il filo teso sulla rotella segnalatrice.

Se dovessi descrivervi in poche parole qual è il motivo che mi ha fatto perdere la testa per questa tecnica, sarei costretto a dirvi che il restare per molte ore, giorni e settimane in riva ad un corso d’acqua, tranquillo e isolato dal caotico contesto quotidiano, è sicuramente il più affascinante.

In effetti una buona battuta di carpfishing dura mediamente più a lungo di quelle dedicate ad altre tecniche dinamiche, inoltre va detto che in determinati ambienti le carpe hanno abitudini alimentari crepuscolari (questo è legato alla disponibilità di alcune tipologie di alimento) e di conseguenza è necessario soffermarsi a pesca ben oltre il tramonto del sole.

Tutto ciò per dire che dobbiamo anche parlare di accessori legati al confort del pescatore oltre a quelli indispensabili per l’azione diretta di pesca.

Volendo limitare la discussione a un approccio iniziale fatto di ore (non di giorni) direi che un ombrellone da pesca da usare come ricovero e una sedia reclinabile siano il minimo indispensabile in termini di comodità. Il pernottamento in riva al corso d’acqua necessita invece di una tenda più confortevole, una branda letto ed il sacco a pelo. Poi ovviamente dipende da quanto uno si sente spartano e abituato a vivere all’aria aperta.

Tralascio volutamente tutto ciò che riguarda l’abbigliamento tecnico e l’alimentazione per non scadere in una sorta di “manuale delle giovani marmotte” dedicato più al campeggio che non alla pesca.

Comprendo inoltre che molti di voi siano affascinati dai video che si trovano in rete con queste immagini avvincenti di pesca dalla barca, di uso di strumenti come ecoscandagli e droni, di accampamenti attrezzati con area cucina ecc.

Questo rappresenta il bello e il brutto di tutte le tecniche specialistiche che non hanno limiti in termini di evoluzione e costi. Da questo punto di vista mi permetto di esprimere una considerazione pratica sul fatto che evolvere verso un piano più elevato e professionale diventa divertente solo se si sono affrontate tutte le tappe con consapevolezza, umiltà e intelligenza.

Iniziare la propria avventura in questo magico mondo partendo dalla pesca dalla barca sui grandi laghi vuol dire essersi privati di tutto un mondo di esperienze ed emozioni che concorrono a fare diventare “grande” un semplice carpista nato sulle sponde di una cavetta o di un canale immerso nella campagna.

Senza contare che l’investimento economico può arrivare a livelli di “mutuo prima casa” e che si rischia di spendere un sacco di soldi in accessori poco utili o che non siamo in grado di sfruttare a dovere.

Un esempio che calza a pennello è quello delle potentissime canne da lancio tecnico in grado di scagliare una boilie innescata a più di 120 metri di distanza.

 

Questi attrezzi specialistici hanno comunque necessità di prestanza fisica e di tecnica per essere sfruttati al limite, inoltre coprono una necessità specifica della pesca in gara che, a mio avviso, comincia pure ad essere “border line” con il vero carpfishing del passato a cui sono legato e che sto cercando di trasmettervi.

L’azione di pesca è molto facile da descrivere:

Una volta individuato il posto adatto (di questo parleremo nel capitolo sugli ambienti e sulle strategie) si lancia il terminale innescato, si pastura intorno per interessare più carpe possibile, si mette in leggera tensione la lenza poggiando la canna sull’avvisatore e quindi si apre la frizione del mulinello per permettere la repentina uscita del filo in caso di abboccata. Quest’operazione è fondamentale e un errore o omissione del passaggio possono provocare la perdita della canna trascinata in acqua dal pesce! Le grosse carpe a volte scappano a una velocità veramente impressionante, srotolando decine di metri di filo prima che si possa intervenire. La frizione deve essere quindi allentata quanto basta per non permettere che la canna si sfili e questo dipende da quanto è stabilizzata.  Un picchetto di acciaio ben piantato nel terreno offre abbondanti garanzie di tenuta e l’espediente di poggiare la canna con il primo anello in battuta sull’avvisatore impedisce ogni scivolamento dell’attrezzo. In questo frangente basta tirare il filo con le mani e verificare che la trazione non faccia spostare il tutto. Quando non si possono piantare i picchetti (ad esempio su sponde rocciose o di cemento) si usa un treppiede, pratico accessorio che permette di triangolare 3 picchetti, oppure il “rod pod”, un attrezzo specifico per il carpfishing dotato di gambe indipendenti e regolabili (non indispensabile). In questo caso la frizione va tarata più morbida rispetto al picco piantato per ovvie ragioni di tenuta al suolo. Da questo momento inizia l’attesa, la parte più intima e astratta dell’intera pescata.

Il mio consiglio è d’impiegare questi momenti per divenire un tutt’uno con l’ambiente che vi circonda scrutando lo specchio d’acqua per cercare di carpirne i segreti e magari imparare meglio a interpretare i piccoli segnali che vi comunicano l’arrivo delle carpe. Questi grossi pesci grufolatori rivelano la loro presenza quando, rovistando il fondale in cerca di cibo, producono delle piccole bolle che tendono a risalire in superficie con un andamento lineare che identifica lo spostamento. Infatti il particolare che differenzia questo segnale dalle normali bolle di gas che si liberano spontaneamente dal fondo, è proprio il movimento (le bolle di gas tendono invece a prodursi sempre nello stesso posto oppure una tantum). Non c’è niente di più emozionante che vedere grufolare nei pressi dell’area in cui abbiamo lanciato e assistere alla partenza in diretta, riuscendo magari pure a filmarla!

 

A tal proposito chiudo questo spazio attrezzature ricordandovi di essere pronti a fotografare velocemente le vostre catture per dare meno stress possibile al pesce. Anche di questo parleremo più avanti.


 



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