· 

2 FLUSSO VITALE...(seconda parte)

Eccoci di nuovo qui! 

Continua la storia di come la costanza, la perseveranza, la testardaggine, la fiducia in se stessi, la conoscenza e l'applicazione possano dare ottimi risultati anche a chi non aveva mai osato tanto...

 

Il futuro era già segnato, lo spot era deciso e molto scomodo! In verità sentivo lo sforzo imminente che invece di togliermi forze mi dava morale e carica, se non altro per la possibilità di operare in maniera quasi indisturbata.

Era oramai giunto il mese d’Ottobre e con lui le prime brine mattutine, la temperatura del fiume, che pigramente si era tolto di dosso l’accumulo delle calure estive, era arrivata a scendere fino ai 16°C e se le condizioni meteo avessero  rispettato il periodo, mi sarei dovuto trovare con temperature in graduale discesa per un certo lasso di tempo nel quale avrei avuto la possibilità di mettere nel sacco qualche bel pesce.

IL  DILEMMA:

 

C’era bisogno di pianificare una fase preparatoria del posto di pesca e vista l’idea che avevo in mente, necessitavo della giusta pasturazione. In quel periodo vi erano dei test in corso di un pellet di alta qualità. quale migliore occasione per saggiarne a fondo le potenzialità in acqua corrente?

Inoltre stavo completando il quadro dei riscontri per un’esca self-made basata su di un mix Bird-food Giallo, attentamente dolcificata e aromatizzata con ananas e potenziata con una generosa dose di CSL, un’esca dolce, con un buon gusto fruttato, dalla  resa molto veloce e dalla durata persistente, che sino a quel giorno aveva dimostrato di valere in tutte le acque dove era stata introdotta.

La breve durata prevista per le sessioni (6/8 ore) mi imponeva di scegliere un’esca rapida, sia per incontrare i favori di gusto del pesce, sia per l'attrazione tipicamente “chimica” data dal rilascio delle sostanze attiranti. Pensai poi a quello che per me era rimasto per troppo tempo un sogno nel cassetto, ovvero poter testare una ready-made nel lungo periodo. Un progetto ambizioso, ma che mi offriva sufficienti stimoli.

Potevo avere a disposizione esche dalla già indubbia qualità, bastava ottenerle spuntando un prezzo quanto più conveniente possibile, e ciò non rappresentò un ostacolo, in quanto l'azienda per cui collaboravo, valutati i quantitativi che avevo intenzione di utilizzare, fu ben felice di accontentarmi.

Scelsi una boilie in controtendenza a quella che mi sarei preparato da solo, una Squid-Octopus, dal gusto forte, leggermente salato, boilie dal pH elevato, contenente una alta percentuale di idrolizzati di pesce che donavano  all’esca un ottimo tenore nutritivo, adatto ad affrontare queste acque nelle quali il pesce ha a disposizione molto cibo.

L’ORA DELLA PAPPA:

 

Un fattore per il quale tentavo di ragionare una convenevole strategia era l’orario nel quale mi sarei recato a portare i miei “doni” alle carpe. Avrei dovuto tenere in considerazione l'ora delle sessioni, esclusivamente diurne, per le quali la scelta era obbligata dal fatto che i pesci in quello spot si alimentano di giorno. Osservavo questo particolare e mi chiedevo se non fosse riconducibile al fatto che nel fiume Sile non mi risultava  ci fossero grandi e ben insediate colonie di gamberi, (crostaceo che, ove presente, stimola l'attività alimentare notturna dei pesci perchè attivo soprattutto di notte) accompagnando un’altra considerazione a riguardo la prevalente attività diurna della fauna bentonica presente, direttamente collegata alla presenza dell’abbondante vegetazione, anch’essa influenzata positivamente durante le ore di luce per la produzione di ossigeno. Tutto faceva premeditare che la pesca di giorno sarebbe stata la più redditizia, anche perché a conferma di queste teorie vi erano alle spalle anni di esperienza diretta che confermavano, senza ombra di dubbio, quanto sostenuto poc’anzi.

La frequenza a giorni alterni ed orari di pasturazione meticolosamente abitudinari, diedero modo nel giro di qualche giorno di creare molto interesse da parte del pesce nella zona prescelta. A rendere ancora più efficace tale operazione avevo dalla mia l’esperienza data dalle mie ore di applicazione, unite a quelle del preparatissimo gruppetto di amici, con i quali ho sempre condiviso teorie e tattiche oltre che risultati in questa difficile acqua. Tutti erano concordi nell’affermare che una pasturazione eseguita alle prime luci del giorno era da preferire, in quanto permetteva di inserirsi in una fascia temporale che sfruttava una più alta attività delle carpe.

L’ESAME:

 

L’incalzare della stagione non mi concedeva una lunga fase preparatoria perché in Autunno non vi è bisogno di lunghi tempi d’attesa! Se si è scelto un buon settore e le condizioni meteo sono propizie per l’attività delle carpe, di norma dopo una settimana le catture non si fanno attendere. La mia smania di capire se i teoremi che avevo concepito erano corretti mi spingeva col carrello traboccante d’attrezzatura attraverso quegli infiniti 700 passi, che mi avrebbero condotto  alla verità.

Era un pomeriggio di metà Ottobre, l’aria era umida e tiepida, a tratti pervasa dall’odore di frittelle di un neanche tanto vicino luna park, mentre l’assassino stava alzando in aria un braccio brandendo una lunga lama che al momento di infierire sulla povera vittima svanì,  risucchiato dall’urlo disperato del mio avvisatore che pareva fischiare  con disapprovazione il mio scatto un po’ goffo e scomposto, causato da ginocchia non più nuove, che aveva provocato anche il lancio del libro che stavo leggendo! Era la prima! Forse la più importante, di certo la più emozionante! Una Regina di 12.5 kg, un bel pesce, non eccezionale, ma che  significava tanto per me, uno di quei pesci dal quale dipende il futuro delle pescate. Quella prima carpa mi diede morale, sarebbe stata solamente la prima di una splendida serie!

QUANDO L’AUTUNNO DIVENTA INVERNO:

 

Le brine avevano gradatamente lasciato il posto alle gelate che al mattino rendevano l’aria cruda e difficile da ingoiare. L’acqua era scesa a 12°C, le pasturazioni si susseguivano a ritmo incalzante e l’attività del pesce era ai massimi stagionali, tanto che da un ragionato calcolo si era reso necessario spostare l’ultima sessione di pasturazione a 24 ore prima della battuta di pesca.

In questo modo avevo notato che nella maggioranza dei casi, al mio arrivo sullo spot di pesca, riuscivo a sorprendere il pesce ancora intento a banchettare euforico sulla pastura.

Il lancio delle mie lenze, arricchite da una buona miscela che componeva di una palla di “Method”, o da uno stick in pva  riempito solo con le pellets, mi aiutava  a velocizzare non di poco la mia azione in quanto, anche grazie alla corrente, queste sostanze riuscivano a “volatilizzarsi” in breve tempo, segnalando alle carpe presenti una inequivocabile fonte di cibo. Le catture che andavano a susseguirsi, intanto, davano pieni voti alla scelta delle ready-made, scelta risultata davvero vincente.

TUTTO TACE:

 

Poteva capitare che durante la pesca vi fossero dei periodi di completa inattività. Se succedeva che questi periodi si prolungassero oltre le 3 ore, scattava una sorta di “aguzzo  d’ingegno”  automatico che mi ha portato a condurre alcuni tentativi per favorire una sorte altrimenti già scritta.

Una prova classica, risultata efficace in moltissimi casi, era quella di innescare due chicchi di mais con annessa schiuma galleggiante. Altre volte la mia curiosità mi ha spinto a provare imitazioni siliconiche del mais in vari colori, con risultati a dir poco sorprendenti!

Molte volte invece diminuire drasticamente il diametro dell’innesco, (per es. da 24 a 14 mm) era l’unico sistema che faceva catturare, dimostrando il fatto che la carpa si può prendere non solo per la gola, ma che si può, a volte, perseguire la strada segnata dal senso della vista, stimolando l'imprevedibile curiosità dote caratterialmente presente anche nei pesci.

A conferma di quello che dico ho voluto anche provare, sempre approfittando dei momenti di stanca, di effettuare delle pasturazioni di richiamo atte a risvegliare le carpe eventualmente presenti. Ho compiuto questa azione attraverso il  rilancio degli inneschi ed è capitato di avere delle abboccate ancora prima di appoggiare la canna al pod, o di aver acceso il segnalatore! Un altro sistema adottato, consisteva di lanciare piccole quantità di  richiami nelle zone interessate, avendo cura di far compiere un’alta parabola ai “bocconcini”,  in modo tale che il rumore procurato dal loro impatto con l’acqua, fosse il più fragoroso possibile. Alle volte poteva capitare che i  segnalatori fossero troppo assoggettati al flusso della corrente, fattore aggravato ulteriormente dalla discesa di sospensioni di varia natura, oltre che dalle “code” d’erbe presenti nel sotto riva.

Una applicazione contraria degli Swinger ha permesso di azzerare il problema.

E’ bastato infatti “spiombare” gli indicatori, portando il peso della loro zavorra a zero per ammutolire gli avvisatori acustici. Il mio buon amico  Sergio inoltre, in un pomeriggio nel quale mi teneva compagnia, mi ha consigliato di appiattire la palla del method. Così facendo ho messo fine ai vari rotolamenti del terminale dei quali la mia palla troppo tondeggiante, difettava.

EPILOGO:

 

Una mattina di fine Novembre nella quale faceva molto freddo e la brina aveva ricoperto ogni cosa, sul materassino recuperava fiato una regina di 9 kg e le rigide e significativamente provanti condizioni climatiche mi obbligavano a mettermi in posa davanti al cavalletto già pronto per l’autoscatto. Dopo la foto rilasciai immediatamente il pesce e mentre stavo riponendo nella custodia la mia  Nikon, uno dei miei impietosi ed imparziali avvisatori mi avvisò che  era arrivata un'altra puntuale quanto inaspettata sentenza, intonando ancora la sola ed unica melodia  in grado di mandarmi tutto il sangue al cervello!

Mi accorsi subito di avere a che fare con   un pesce quasi “arrogante” da quanta  velocità e potenza mise nelle prime sfuriate  tanto che, comandando, aveva già “tagliato” il fiume a metà.

Poi, presa la corrente e con l’aiuto di essa, puntava ferocemente e in maniera che sembrava inarrestabile un vecchio e scolorito albero caduto in acqua sulla sponda opposta. Sorpreso da un'improvvisa scarica di adrenalina, scaricai tutte  le mie ansie mettendo sotto pressione dal primo all' ultimo millimetro della mia attrezzatura,  pregando  lo stesso Dio che pregavo prima di ogni esame!  Cosi, dopo un duello che assomigliava più ad un incontro di pugilato, tanti erano i “pugni” allo stomaco che questo pesce era in grado di rifilarmi,  ebbi la prima opportunità del guadino e la vidi!

Non fu facile mantenere i nervi al loro posto! Infatti Insicuro e tremante non fui in grado di cogliere quell'attimo di calma  che era solo apparente...

Il secondo avvicinamento nei paraggi della riva, che arrivò a lambire il bordo della rete, non andò  meglio. Il contatto con il corpo estraneo e “nemico” provocò una scodata talmente “vigliacca” e ben assestata da alzare in aria gelidi spruzzi che, come piccole lame appuntite,  mi colsero in faccia e forse mi svegliarono da quella sorta di ipnosi mentre vedevo sparire di nuovo il pesce che riguadagnava il fondo. Ma  ora l’avevo vista bene!

Nella testa mi rintronava rimbombando un unica eco: "se la perdi, sei finito!"

Al terzo avvicinamento la grande bocca, ora  sul filo dell'acqua,  ritmicamente si apriva e si richiudeva senza rumore  facendo assomigliare il tutto  ad una scena  di un thriller al quale una mano invisibile e pietosa aveva tolto  il volume. Quella pallina marrone scuro che entrava ed usciva e quell' urlo disperato mi fecero aguzzare la vista, al punto di vedere l'amo piantato per l'intera curvatura sul suo labbro inferiore. Sentii finalmente l'ossigeno  tornare ad entrare di nuovo nei miei polmoni ed il cuore rallentare e staccarsi dalle tempie.

Docilmente, senza far rumore, la rete si chiuse e anche i miei occhi, per un attimo che mi sembrò infinito, mentre sentivo i passi felpati e silenziosi della tigre che si allontanava da me...

 

(Link alla prima parte, clicca qui)