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Ci sono pesci?

“Sior…ghe xeo pessi?”

“Ghe xe aqua, ghe sarà anca pesse…!”

(traduzione: Signore, ci sono pesci? C’è acqua, ci sarà anche pesce!)

Questa è una delle domande più frequenti e stupide che mi sono sentito rivolgere centinaia di volte in riva a fiumi e laghi. Il classico approccio del non pescatore che nella sua ignoranza non sa che animali abitino nelle profonde acque.

Perché i pesci sono figure astratte che popolano un mondo troppo lontano dalla realtà per esserne consapevoli, inoltre non fanno rumore e difficilmente si fanno vedere se non sai dove guardare. Questo rendeva noi carpisti degli anni novanta degli “extraterrestri” consapevoli dei fatti, che si dovevano sobbarcare chiacchiere al limite del grottesco.

Come quella volta che un locale mi parlò di buche da 30 metri di profondità sul fiume Piave, generate ancora all’epoca della grande guerra da terribili (quanto improbabili) ordigni austroungarici!

Per non parlare del famigerato corpo dei sommozzatori provinciali (che non ho mai capito se esista realmente) che guarda caso si erano immersi, fatalità, qualche giorno prima proprio dove io stavo pescando ed erano stati messi in fuga da un non meglio identificato pesce di enormi dimensioni!

Potrei parlarvi di quella volta in cui mi chiesero cosa ne pensassi dell’uso di cadaveri e sostanze putrescenti nella preparazione del mais!

Domanda proposta da un appassionato che si ritrovò dei topi morti da settimane nel vaso di granaglie a suo dire rivelatesi “micidiali” in pesca...

Potrei raccontare di quella volta della “farina di rospo”, in cui mi venne chiesto cosa pensavo di questo fantomatico ingrediente di cui non avevo mai sentito parlare! Salvo poi comprendere che era un prodotto self made ricavato macinando i corpi spiaccicati e seccati al sole degli anfibi che in primavera escono dal bosco e, scendendo al lago, vengono travolti dalle auto sulle strade!

Oppure di quel seminario dove volevo far capire quanto ingannevole fosse scegliere le boilies semplicemente annusandole e quindi preparai delle anonime palline di 50/50 spruzzate con il mio profumo maschile dell’epoca (credo fosse Angel) molto speziato e dolce, da mescolare ai campioni non aromatizzati di super bait altamente catturanti. Inutile aggiungere che il mio sondaggio sulle preferenze vide stravincere le fake balls sulle altre!

Restando su tematiche più serie si potrebbe parlare della mia pescata di 26 giorni da solo a Cassien, dove ho cambiato almeno 5 postazioni differenti catturando una decina di pesci (ma nulla di eclatante), vivendo come un selvaggio, mangiando scatolette e bevendo l’acqua del lago bollita.

Un’esperienza introspettiva che mi ha fatto comprendere come l’essere umano possa staccare totalmente dalla realtà, semplicemente tornando alla natura dove gli unici pensieri quotidiani sono soltanto dormire, mangiare, e nel nostro caso calare le lenze!

Oppure quella pescata sul lago di Pusiano, dieci giorni tutti sotto zero, con punte notturne di -13°C che facevano congelare le bottiglie d’acqua in tenda e che mi costringeva a tenerle nel sacco a pelo per poter bere!

Una pescata estrema coronata da 4 splendide catture, fra cui il mio personal best di 26,700 kg., avvenute tutte sullo stesso metro quadro di fondo.

Dopo le prime due notti in cappotto, con l’acqua stabile a 5°C, non mi persi d’animo e decisi di uscire al buio con l’eco per cercare archi di pesce in un’area molto ampia posta davanti al principale immissario.

Individuai un branco di piccoli pesci apparentemente in mezzo al nulla, ma per disperazione gettai comunque una piccola boa di riferimento.

Con calma e ritarando il filtro che toglie i disturbi sullo schermo dell’eco (la regolazione della sensibilità) mi accorsi che gli animali stavano in una fascia più ricca di piccole particelle sospese che rendeva l’acqua sporca, presumibilmente un residuo di corrente che spingeva nel lago.

Grazie a questo presentimento misi in opera il piombo sonda e riuscii a scoprire una striscia lunga diversi metri, ma non più larga di uno, che non aveva limo depositato e risultava compatta e pulita al tatto. Percorrendola il giorno dopo sfruttando la luce del giorno, triangolandomi con i due segnalini lasciati a memoria, trovai un ramo piuttosto grosso in mezzo al niente e sullo spazio completamente pulito scoperto prima. Un evidente rimasuglio di una piena del fiume avvenuta probabilmente in autunno. Per farla breve, in prossimità dell’ostacolo, calando sul fondo duro un innesco singolo da 20 millimetri fatto con un bird food nutty molto dolce (grazie ai 100 grammi di farina di miele per kg. inseriti nell’impasto) e aromatizzato fragola e Scopex, accompagnato da uno stringer di 4 boilies tagliate a metà, risollevai gloriosamente la pescata!

Il pesce più grosso cadde direttamente quella notte e porto ancora nel cuore il ricordo dei quaranta minuti di combattimento solitario dalla barca, senza guanti a molti gradi sottozero, seguiti dal semi-congelamento patito nel posizionare la sacca con il pesce in un punto dove vi fossero almeno 2 metri di fondo a tutela dell’animale!

Mi sono salvato da una potenziale brutta esperienza riuscendo a scaldare l’acqua della borsa termica con cui mi chiusi nel sacco a pelo super tecnico che mi accompagna da quella volta (dato che non ho mai usato altre forme di riscaldamento della tenda).

Un’altra esperienza per me segnante avvenne nel famoso lago di Endine, il più importante hot spot del nord Italia per tutti gli anni novanta, dove ero solito svolgere le mie sessioni autunnali per poi svernare sul superiore di Mantova o sui laghi brianzoli.

Sulle sponde bergamasche interagivo spesso con l’amico Stefano Pasquali, un pioniere mantovano che conobbi a Cassien quella volta che mi portò qualche kg. di pastasciutta (ebbene sì avevo finito tutti i viveri) grazie all’intercedere di Giancarlo Benuzzi all’epoca presidente di Carpfishing club Italia, a cui ero molto legato. Anche questo episodio meriterebbe una menzione speciale visto che ci trovammo in barca a centro lago nei pressi dell’intersezione dei tre bracci, partendo l’uno dal sud(lui) e l’altro (cioè io) dal nord.

In genere io e Stefano pescavamo con le stesse esche che rullavo io per entrambi utilizzando quel famoso Keltia mix (un bird fish dell’azienda con cui collaboravo) aromatizzato alla fragola con una ricetta molto famosa sui forum dell’epoca.

Questa combinazione prevedeva di mescolare due fragole differenti, una diluita in glicole e l’altra in olio, che il mio amico battezzò “Strawberry duo”, con abbondante dose di Minamino syrup e dolcificante NHDC.

Ebbene nell’episodio in questione catturammo la stessa bella regina sullo stesso spot nei pressi della casa del pescatore, calando praticamente nell’identico punto e alla stessa ora della notte, se non ricordo male intorno alle 2:00.

Fino a qui nulla di particolarmente strano, se non fosse che la cattura avvenne lo stesso giorno, dello stesso mese, ad un anno esatto di distanza!

Stessa esca, stesso metro quadro, stessa ora, stesso giorno ma l’anno dopo! (la carpa in foto).

 

A dimostrazione del fatto che i grossi pesci negli ambienti naturali sono molto metodici ed abitudinari!