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L'attimo fuggente, prima parte

L’ATTIMO FUGGENTE –prima parte-

di Stefano Forcolin

 

 A volte, per capire il perché delle cose vi è bisogno di comprendere la loro storia…

Questa è la mia, quella che mi ha portato a credere di essere sulla pista giusta che mi possa condurre  a costruire la montatura che non sbaglia.

 

Introduzione

Troppo spesso ci siamo affidati a soluzioni tecniche fantasiose, belle da vedere, ma alla fine poco funzionali. Abbiamo operato scelte sulla fiducia che riponevamo in pescatori più esperti di noi e che ci consigliavano montaggi infallibili. Abbiamo fatto cose senza poter riuscire a valutarne realmente la valenza tecnica, la funzionalità, o senza conoscere veramente il perché della loro creazione. Abbiamo lanciato terminali creati per scopi precisi in luoghi dove non ve ne era reale  necessità. Tante volte abbiamo sbagliato, altrettante  abbiamo colto nel segno. Con l’esperienza  abbiamo imparato a scindere le cose inutili da quelle che non lo sono, il tempo ha reso nitide le immagini di come la carpa si nutre e dove si nutre. Ci siamo resi conto dei concetti per i quali una montatura si rende efficace. Abbiamo imparato a scegliere i materiali più idonei e a diventare abili nel loro assemblaggio, ma soprattutto ci siamo affinati nell’arte di saper valutare per  saper scegliere. Non era una cosa facile e se non potremo mai dire di esserci riusciti, almeno potremo, forse,   credere di essere sulla buona strada.

La storia: Aspetti ed evoluzione

 

Avendo avuto l’opportunità di seguire la storia dell’evoluzione Italiana sin (quasi) dalla prima ora, ho potuto, sbagliando, imparare direttamente sulla mia pelle l’importanza dei molti aspetti che con il tempo si sono succeduti. Ho capito che pochi erano quelli fondamentali nel cumulo enorme di informazioni che invece servivano a poco o nulla. La letteratura in quel periodo era quasi tutta di stampo Inglese, e quello che approdava in Italia era poco e  frammentario, vagliato dal voler centellinare informazioni che non bruciassero le tappe e che, di conseguenza, tenessero alto l’interesse. I primi rudimenti suggeriti in un disegno dalla dubbia qualità, li lessi oramai 15 anni fa, in una rivista di pesca generica. Nel disegno vi era un filo, un amo ed il cosiddetto capello collegato alla curvatura dello stesso. Questa fu la prima rudimentale nozione di tecnica sui terminali da carpfishing che io ricordi, e da lì molti hanno iniziato. Non fu facile dall’inizio riuscire a mettere in pratica con profitto questi concetti alquanto innovativi, che di fatto, stravolgevano le nostre radicate convinzioni di incalliti pescatori di carpe. Noi eravamo saldamente abbarbicati alle nostre regole nelle quali l’amo era visto come un male dovuto. Uno strumento che poteva far fuggire le  prede che ne avessero avuto visione. L’amo doveva essere tenuto nascosto, sepolto sotto le pastelle più profumate, coperto da qualsiasi cosa purchè  nascosto! I risultati arrivavano a singhiozzo, frenati dalla poca esperienza nella localizzazione, l’insufficiente dimestichezza con le tecniche di pasturazione, ma anche per una naturale iniziale diffidenza della carpa nel riguardo della boilie, che in quei periodi mancava di popolarità e diffusione. I risultati arrivarono di pari passo con l’applicazione e con essi le prime fattive esperienze. L’annata storica del 1994 si concluse però con un calo vistoso delle catture dovuto ad una inflazione precoce delle montature che in quel periodo venivano adoperate dalla totalità di noi. Qualcuno che per vari motivi si trovava a calcare per primo strade sulle quali era seminata l’esperienza dell’Europa, portò in auge i primi rudimenti di concetti che potevano essere i precursori di quelli che poi si sono rivelati veri e propri studi sulle qualità anti-eiezione, di una montatura. Ricordo ancora i primi anellini scorrevoli che montai direttamente sui miei ami Daj-steel della Drennan. Sembrava un miracolo compiuto! Avevamo raggiunto la perfezione definitiva! Mai avremmo potuto immaginare  che quello era solo l’inizio di un ciclone letterario che portò in un breve lasso di tempo a scaricare su di noi una crescita  che in Inghilterra durava da minimo vent’anni. Furono i tempi del Line Aligner, di Whity Pool, di Blow Out rig, di concetti che, molto intelligentemente, iniziavano a parlare di montature auto-ferranti e concetto di rotazione. Molti iniziarono proprio in quel periodo a cavallo tra il ’95 e il ’97 e, purtroppo per loro, non avevano alle spalle un’esperienza tale da poter valutare le cose valide da quelle che invece erano vestite da “bufala”. Fu il caos, e anche quelli che avevano maturato un po’ d’esperienza, furono colti da una sorta di “labirintite” per quanto intricato e complicato fosse diventato il mondo delle montature da carpfishing. L’intento di riversare cumuli d’informazioni tecniche, troppe volte a sfondo commerciale, correva il rischio di ottenere l’effetto contrario, ossia di far scappare o allontanare quelli che volevano avvicinarsi a questa magnifica avventura. La situazione attuale, ahimè, non è granchè migliorata, e anche se i concetti anti-espulsione, autoferranti, di rotazione e quant’altro, sono stati ben assimilati e condivisi da una moltitudine di carpisti, perché ripresi in svariate occasioni dalle riviste e sui sempre più particolareggiati video. Molti di noi, magari i più giovani, oppure chi non ha la passione della lettura a scopo informativo e si accontenta di seguire l’amico, copiandone i sistemi registrando i “sentito dire”, vanno incontro a fraintendimenti che stanno alla base dei più banali errori di concezione. L’esperienza, si sa, non si compra ma si fa…Purtroppo però, la pazienza d’imparare non è figlia di questo tempo nel quale latita una dottrina d’umiltà… Questi meccanismi, del tutto moderni mettono in giro un’ aria di saccenza tale che molti di noi sono colti da sconforto, quanto sentono  certe “eresie”. Il lato negativo della situazione è che questi risvolti, che fanno parte delle pieghe più brutte e nascoste dell’uomo, vanno ad influire direttamente sulle poche nozioni certe sino ad ora acquisite, sulle quali un neofita, potrebbe fare affidamento ad occhi chiusi. E allora la pura e spassionata ricerca si ferma per dare spazio al chiarore delle verità acquisite. Per continuare il cammino.