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Rocco D rig

ROCCO D-RIG

Di Stefano Forcolin

 

Cerchiamo la perfezione! Un sogno che probabilmente non si avvererà mai ma che inconsapevolmente e ostinatamente continueremo ad inseguire per sempre. Testiamo scremando ed affinando i nostri concetti e cerchiamo di assemblarli in uniche soluzioni che diano la risposta definitiva alle problematiche che incontriamo…

 

 Lo stimolo

 

 

Avevo da tempo elaborato alcuni pensieri.  In questo mi avevano aiutato molto gli scambi che spesso posso avere frequentando il forum di Big-Fish, durante i quali avevo compreso che le mie idee venivano facilmente comprese e condivise da molti appassionati come me. Speravo, ed in cuor mio bramavo, di poter un giorno arrivare ad assemblare una soluzione in qualche maniera innovativa, dalla quale poter trarre il massimo dei benefici che mi ero prefissato di raggiungere, elaborando concetti ed osservazioni scaturite da lunghi periodi passati pescando le carpe. Ero consapevole che, come ogni qualsiasi innovazione, aveva bisogno di un sufficiente periodo di prova nel quale si dovevano mettere in preventivo tra le varie migliorie, qualche cocente delusione. Ma questa non doveva essere l’ennesima, banale, nuova, strampalata, montatura, nata soltanto per creare scalpore sulle riviste specializzate. Questa doveva essere la risposta alle mie problematiche. Una soluzione che doveva sedare il mio bisogno di colmare delle lacune che forse avevo solo io in testa, ma che per me erano importanti. Volevo capire se nelle acque più difficili, l’applicazione di esche opportunamente alleggerite, unite a rig appropriati, tecnicamente evoluti, potesse farmi compiere quel passo in avanti che da sempre ho ricercato.

 

Passi in avanti

 

Le migliorie che avevo intuito di poter raggiungere, erano insite soprattutto nella capacità delle carpe di espellere l’innesco senza rimanere appese all’amo. Avevo capito da tempo che questo tipo di risultato lo si poteva raggiungere con un potenziamento delle proprietà mobili insite nella costruzione del nostro capello. Un Hair rig molto mobile che abbia un alto potere di traslazione può mettere in difficoltà anche la carpa più esperta. Dopo un lungo periodo di prova dedicato al D-rig mi ero reso conto della bontà di questo montaggio e avevo capito che possedeva le caratteristiche giuste che ricercavo. L’avrei evoluto, potenziandolo. Per il mio scopo era necessario creare un D- rig più lungo della norma. Questo lo si poteva ottenere semplicemente adottando un amo a gambo lungo, ma confortato dagli studi dai quali avevo preso le distanze, date le esperienze negative con questa categoria di ami, avevo bisogno di qualcosa di alternativo. Niente di meglio di un amo a gambo corto, al quale prolungare il gambo artificialmente, tramite l’uso di una guaina termo restringente. Questa prolunga opportunamente sagomata avrebbe amplificato le doti di rotazione dell’amo ed ingigantito il suo potere auto-ferrante, garantendo una traslazione di lunga corsa del punto di attacco dell’esca, tramite capello. Di seguito la descrizione delle qualità e le varie scelte tecniche, per le quali si è optato per una miglior resa del Rocco D-rig.

 

Tutti i perché

 

1) Ottimizzare il potere anti-espulsione, già buono nel D-rig originale.

2) Annullare il limite posto dalla lunghezza del gambo dell’amo, a volte troppo restrittivo e limitante per una corretta realizzazione del D-rig.

3) L’ottimizzazione è ottenuta attraverso il prolungamento artificiale del gambo dell’amo.

4) L’annullamento definitivo dell’effetto nefasto degli ami a gambo lungo, più facili, con l’uso di piombi pesanti, da scardinare dalla bocca della carpa.

5) Una totale ed ampia mobilità dell’esca, che può raggiungere il limite estremo del D, ed essere così fattore fluidificante in fase d’allamata e non punto con il quale fare forza, soffiando, per scardinare l’amo.

6) Aumentare la confidenza del pesce in fase d’assaggio, approfittando dell’acquisita mobilità dell’esca sulla lunga e mobile trave del D-rig.

7)Alla base della “prolunga” è stata connessa una finitura del tipo “Line-Aligner”, con la quale amplificare perfettamente la rotazione dell’amo.

8) Sempre in questa zona è stata applicata una piccola zavorra in piombo, la quale ha il compito di bilanciare l’amo in fase d’aspirazione, e farlo entrare correttamente nella bocca del pesce. Questo sia che si tratti di esche pop-up, neutre o addirittura affondanti, anche se, queste ultime, con un rateo di allamate corrette sensibilmente inferiore.

8) La boilie non è stata attaccata all’anellino come nella versione originale, bensì staccata da un chicco di riso in gomma, che ha anche il compito di non far scivolare l’esca fuori posizione. Si è evinto che la boilie, staccata di quanto basta dall’anellino, lascia  più spazio d’azione, che si traduce materialmente in allamate più solide e profonde.

 

I materiali

 

Una breve, ma doverosa disquisizione va dispensata tra quelli che sono i materiali scelti per questo lavoro. Nessuno di essi è scelto a caso.

Cominciamo dall’amo: un Leon Hooghendijk Claw Point, misura 1, amo a gambo corto, leggermente disassato. Punta e struttura robustissime, adatte ad impieghi pesanti.

Sono indicatissimi, comunque, tutti gli ami a gambo  corto.

Treccia Leon Hooghendijk, Hooklink, 25 lbs., ricoperto ultra resistente, ottimo anche per la sua rigidità intrinseca, che coadiuva non poco l’effetto rotante dell’amo.

A discrezione e per un miglior effetto di rotazione è consigliabile l’inserimento di una piccola olivetta scorrevole, posta  a pochi cm dall’amo, che possa correre libera per uno spazio di circa 5cm, compresi entro piccoli nodi in power gum o altro materiale che non leda il finale.

Il “D” in fluoro carbon da 20 lb Leon Hooghendijk, totalmente invisibile, ma non troppo rigido come nell’originale, in quanto così facilita una certa mobilità che si traduce in certa naturalezza nei movimenti dell’esca.

L’anellino, non a caso di dimensioni generose, sempre pronto a scorrere con facilità e senza  impedimenti o angoli strozzati nell’asola di scorrimento.

La guaina termoretrattile di Big Fish, perfettamente sagomabile, resiste anche dopo ripetute catture, ed il suo restringimento è sensibile anche con temperature mai troppo elevate.

Il piombino a spaccatina, di misura adeguata ad essere inserito nel tubino, prima del suo restringimento.

Dental floss per legare l’esca.

Asola classica all’estremità del terminale, comoda per qualsiasi impiego e connessione.

 

Al lavoro

 

 

Non resta ora che osservare la sequenza fotografica nella gallery che faciliterà il nostro lavoro.