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Leggere tentazioni

LEGGERE TENTAZIONI

(un’esca un POPPAZZA!)

Di Stefano Forcolin

Scopriamo i segreti di queste esche pazze! Pop up, significa letteralmente: “salta su”! Questo è l’invito per entrare nel mondo delle esche più bizzarre del carp fishing. Boilies leggere di fatto, ma molto “pesanti” quando si tratta di risolvere situazioni difficili.

Me lo ricordo ancora molto bene. Erano righe chiare ed inequivocabili, impresse da qualche parte, tra le pagine di qualche rivista. Prime timide avvisaglie di quello che sarebbe poi diventato un fiume in piena… Potrebbe essere stato fra il ‘92 ed il ‘93   ed in quelle righe, si poteva leggere pressappoco così: “Le pop-up sono boilies che tendono a galleggiare, e proprio per questa loro caratteristica, sono esche estremamente catturanti. In Italia, il loro impiego è ancora prematuro e non ancora necessario.  Nelle acque più pressate, il loro uso dovrà essere parsimonioso e solamente nelle situazioni che riteniamo sia strettamente necessario”. Questi erano i presupposti della prima ora, e non vi nego che in quei giorni in molti provammo a sfruttare le potenzialità di questa esca “devastante”, senza per altro accorgerci di tutta questa differenza.

 In realtà la pratica del carpfishing prodotta in questi anni, mi ha insegnato che l’esca miracolosa non è ancora nata (nascerà?), come non ci sono metodi infallibili per metterla in pratica. Quello che esiste invece, è una maturata coscienza nell’uso in sinergia tra metodi, assemblaggi e misture, che in un dato momento e in un dato luogo, funzionano meglio di altre. Il solo pensiero che l’esca pop up sia l’uovo di Colombo con il quale risolvere le nostre sessioni di pesca, mi fa sorridere oggi. Agli inizi invece non sembrava così. Tuttavia, proprio per inseguire il nostro scopo, la conoscenza e lo studio di questo particolare tipo di esca, ci fa crescere come angler, in quanto ci rende consapevoli di quando, come, e perché usarla.

Questo tipo di boilie per colorazione, assetto in acqua, e segnali chimici emessi, è molto particolare. Ed è proprio per questo che si tratta di una boilie che dobbiamo annoverare nella famiglia delle esche artificiali. Questa affermazione però non deve fuorviare troppo il nostro pensiero, in quanto molti dei prodotti che la compongono hanno origine naturale. Non potrebbe essere diversamente per un pesce con un olfatto sviluppato come la carpa e sensibile a quelle sostanze non riconducibili alla naturalità. Anche per la nostra baffuta, Il concetto di esca artificiale, non si discosta di molto da quello che avviene per i predatori. Non dobbiamo dimenticare mai che con questo tipo di esche andremo a solleticare molto la sua vista, ma anche aspetti abbastanza assopiti (neanche troppo) del suo carattere, quali la sua curiosità, nonché l’aggressività. Se queste reazioni potrebbero essere riconducibili alla vista (per un predatore) per il nostro pesce sono spesso collegate anche (e soprattutto) alla propria sensibilità di recepire i messaggi chimico-organici disciolti nei pressi dell’esca. Spesso le combinazioni “azzeccate” accendono questi istinti che poco centrano direttamente con l’alimentazione, come curiosità ed aggressività… Quello che si diceva tanti anni fa è vero ancora oggi: queste sono esche da usare con assoluta parsimonia, perché, più di altre, diventano facilmente motivo di allarme nei pesci che ne sono venuti a contatto…

Un’altra verità incontrovertibile è che La baffona è un pesce onnivoro. Madre natura ha partorito un essere che per genetica, è costretto a nutrirsi con continuità di cospicue dosi di cibo. La sua dieta è molto flessibile e variegata, come sono molto aperti gli angoli tra i quali il pesce ricerca il proprio nutrimento. Credere che le carpe si nutrano solo sul fondo è un errore che molti commettono. Vi sono periodi nei quali, per svariati motivi, il pesce non si avvicina al fondo e si nutre ad altri livelli, con tutt’altre modalità. Ci sono anche frangenti dove il pesce proprio non si nutre … Spesso avere un’esca poggiata sul fondo, può non essere il massimo in fatto di attrattività. Questo sunto comprende tutta una casistica nella quale è utile esser consapevoli delle potenzialità che un tassello diverso nelle nostre presentazioni, si può tramutare in grandissime differenze di risultato.

Procedendo con ordine sarà per noi molto utile compilare un elenco di situazioni nelle quali l’uso di un’esca staccata dal fondo può fare la differenza. Fughiamo ogni dubbio dall’inizio.  Nel parlare di esche pop up ci occuperemo esclusivamente di quei casi nei quali non sia previsto sconvolgere il nostro approccio, ossia: la nostra azione rimarrà quella tradizionale, di pesca a fondo. Le nostre boilie potranno staccarsi dallo stesso da un minimo di 1 cm (amo appoggiato al fondo) ad un massimo di 1mt circa, (se abbiamo condizioni favorevoli, tipo calo lenze dalla barca) oltre il metro di lunghezza del terminale, credo sia poco probabile spingerci, diventa invece più appropriato entrare in altre argomentazioni specialistiche (come lo zig-rig).

Nel rivangare tra le mie esperienze, posso affermare di quante volte mi sia capitato che durante una sessione infruttuosa, mettere in gioco una boilie galleggiante, sia stato vincente. Quando mi è successo questo mi sono sempre chiesto il perché: molte volte ho ottenuto risposte valide, altre invece no. Nel proseguo vedremo di come le ragioni potranno essere svariate, alle volte di natura oggettiva (fondale), mentre altre volte soggettiva (carpe).  Vi sono situazioni nelle quali la particolare conformazione del fondale fa si che l’uso di un’esca staccata dallo stesso funzioni meglio sia dal punto di vista attrattivo, sia sotto il non altrettanto trascurabile profilo meccanico, squisitamente collegato al funzionamento del nostro terminale. Se il fondale non è perfettamente pulito, ma al contrario risulta ricoperto interamente, o solo a tratti, da qualche tipo di manto verde tipo alghe, foglie, detriti, ghiaia, ramoscelli, oppure zone di sedimenti molli, (i quali fanno si che il fondale risulti disseminato di troppe asperità, oppure inconsistente e possa in qualche modo, nascondere l’esca), usare una pop up è l’unica cosa sensata da mettere in gioco. Per onestà intellettuale, va anche osservato il fatto che un fondale troppo intricato e sporco, non è un “terreno” adatto per la cattura delle carpe. Le baffone preferiscono nutrirsi su fondali puliti. A tal proposito, va sempre ricordato che questo pesce non morde, ma aspira l’esca, e con essa anche i detriti presenti nelle immediate vicinanze della boilie. Può sembrare strano (neanche tanto) ma la carpa preferisce una “tavola pulita”, sulla quale mangiare. Spesso però alcuni fondali nascondono insidie improvvise ed incalcolabili, e questo l’ho capito immergendo in molti luoghi diversi una telecamera subacquea ad infrarossi.  Verso queste insidie non vi è il più sofisticato ecoscandaglio o la più meticolosa operazione di plumbing che tenga, in quanto potrebbero essere “presenze” molto infime e non facilmente rilevabili con i metodi appena citati. In questi casi, l’unico rimedio preventivo per farci star sicuri e tranquilli è sulla base di un’esca staccata dal fondo.

 Mi torna in mente un caso emblematico che da solo risponde a molte delle mie domande. Perché la pop up in qualche luogo non funziona? La risposta arriva direttamente dalla mia prima palestra, più che palestra, università: le “Cave di Casale”. Ebbene, in queste cave di estrazione di sabbia, profonde non più di 3mt, il fondale risulta per oltre il 90% sabbioso, duro, omogeneo e compatto (per quanto possa esserlo la sabbia). Ho perso il conto dei mesi nei quali sia il sottoscritto, sia il mio gruppo di amici dell’epoca (molti dei quali hanno smesso di pescare), hanno tentato la sorte immergendo boilie staccate dal fondo. Risultato: il nulla più assoluto! Perché le pop up non hanno mai funzionato? Negli anni mi sono dato delle risposte che ritengo abbastanza attendibili. Il fondale di natura sabbiosa, quindi non propriamente consistente, ha abituato i pesci a non aspirare le esche con troppa veemenza. Di conseguenza, in questa tipologia d’acqua, le baffone si sono adattate ad avvicinare il muso nelle prossimità dell’esca, aspirando con delicatezza facendo attenzione di non introdurre, assieme all’esca, nella cavità orale, troppi residui di sabbia, poi difficili da espellere. Ma che cosa c’azzecca? Potrà pensare qualcuno. La carpa alla vista di un bel innesco svettante fra tutto il resto, sarà quantomeno stuzzicata dal prenderlo … Si! Se l’acqua fosse limpida! Peccato che in queste cave, proprio per la natura del fondale, la torbidità dell’acqua è una delle prerogative principali. Da questi fatti potremo già partorire un paio di affermazioni, ossia:

L’uso di pop up è consigliabile:

-In presenza di fondali ghiaiosi, fangosi o comunque molli, con presenza di alga o foglie, detriti di varia natura.

- In presenza di acque limpide, dove vi sia un minimo sufficiente di visibilità.

Non è consigliato l’uso:

- su fondali di origine sabbiosa.

-In acque molto torbide, nelle quali non sia presente un sufficiente tasso di visibilità.

In questo contesto porto la mia esperienza diretta che mi induce a pensare che il consiglio, per altro spesso riproposto, di usare la pop up su fondali melmosi, perché più visibile, sia solo leggenda, in quanto a me non ha mai prodotto i risultati promessi. Quando recuperiamo una nostra lenza e compiamo la sensata operazione di annusare la boilie, innescata sul capello e questa puzza di melma, il consiglio che mi sento di dare è quello di cambiare spot! L’acidità, ma non solo, anche la consistenza stessa, di queste porzioni di fondale sono tali da non consentire situazioni di alimentazione sufficienti e tali da giustificarne la pesca. In questi contesti non esiste pop up che tenga!

Altro momento pratico, vissuto recentemente, che merita di essere analizzato, riguarda il flop di catture ottenuto da molti pescatori presso il rinomato lago Austriaco di Ossiachersee, meta, fino all’ultima stagione, molto ambita perché foriera di pescate da sogno. Non quest’anno, però! Al primo esame L’ecoscandaglio mi dava molte carpe e tantissimo altro pesce bianco in zona. La realtà invece veniva rappresentata da poche catture, (3 in 10 giorni di pesca) tra le quali un siluro (che per i miei studi non fa testo) e due carpe tra l’altro catturate nell’immediato di un sottoriva ghiaioso, pulito, in concomitanza di una punta, all’uscita di un ruscelletto che scendeva dal pendio retrostante. La mia analisi in definitiva potrebbe essere questa: Un’Estate troppo lunga che si è spinta, di fatto, sino alle porte di un Autunno, rivelatosi poi inesistente (vabbè, questo è un altro problema!) mi ha fatto trovare il lago a 26°c nei primi giorni di settembre, quando nelle altre annate, lo stesso periodo mi dava temperature comprese tra i 16 e i 18°c. Questo fattore ha fatto si che vi sia stata una fioritura continuativa e oltre misura di un’alga che ha ricoperto interamente il fondale. Il tappeto ha continuato a rifiorire a dismisura durante tutto il periodo, tanto che a tratti si staccava venendo in superficie, fattore per me insolito in questo periodo dell’anno, in quanto ricordavo di averlo visto solo al primo, primaverile innalzamento di temperatura. Ho pensato che il fondo fosse divenuto molto acido a causa della folta presenza di queste alghe in veloce fase di decomposizione, proprio a causa dell’alta temperatura. A questo ho aggiunto la nutrita schiera di pescatori che mi hanno preceduto, anche questi con i miei stessi (scarsi) risultati. Ho pensato che anche loro, come me, avranno inizialmente gettato grandi quantità di esche per prepararsi alla settimana di pesca entrante. Poi vista la poca attività, avranno moderato le dosi ma sicuramente avranno continuato a gettare in acqua delle altre esche almeno con cadenza giornaliera, ad ogni calo delle lenze. Il risultato lo potete immaginare: esca nuova su esca vecchia, per giorni interi, tradotto in soldoni è uguale a inquinamento. Il fondale era talmente putrefatto ed inacidito che le carpe se ne guardavano bene dall’avvicinarsi con il muso. Devo dire che non sono stato troppo scaltro ad affrontare questo tipo di situazione limitandomi a ricercare gli spot dove il pesce fosse attivo. Poco dopo Ho avuto la prova che mi ha illuminato. Un amico in un periodo successivo al mio, nello stesso settore, ha catturato con boilies galleggianti staccate 1 metro dal fondale!

Un’altra pratica vincente che prevede l’uso di pop up della quale ho avuto esperienza vissuta, viene esercitata su laghi naturali con acqua abbastanza trasparente, (a Bled per esempio l’acqua è molto limpida) Di solito in questi laghi siamo soliti pescare con esche abbastanza voluminose, con diametro minimo di 24 mm, di colore naturale del mix (beige- marrone) e perfette sotto il profilo aromatico (molto blando) e gustativamente ben calibrate, tali da permettere abbondanti e larghe zone nelle quali gettiamo esca da richiamo. Ebbene, il pesce in questi casi non è stimolato dalla vista, in quanto ricerca le nostre esche in modo quasi abitudinario, soprattutto con l’olfatto. Ad uno degli inneschi singoli da 24 mm è stata aggiunta una piccola pop up da 14mm giallo fluorescente, la quale rimaneva in bilico, seduta sopra la “sorellona”, senza avere il benché minimo potere di galleggiamento. Una classica (un po’ sbilanciata) presentazione ad omino di neve, molto attrattiva in quel contesto, in quanto il pesce avvistava subito quella “gemma” brillante che si stagliava su tutto quanto il resto presente sul fondo, oltre ad esser normalmente attratto dagli aspetti prettamente chimici disciolti.  Funzionò…   Una sessione memorabile!   

 Quanto esposto, fa parte del mio bagaglio di convinzioni, strettamente personale, e che mi porta a pensare che anche il senso della vista in questo tipo di esche sia fortemente stimolato e giochi un ruolo molto importante, per non dire fondamentale, tale da non dover essere trascurato. In effetti, le ultime tendenze sono quelle che vedono produrre esche galleggianti (anche in plastica) dai colori fluorescenti, sgargianti, in forte contrasto con la natura di quanto presente sui fondali.

Proprio a tal proposito potrebbe essere interessante applicare alla bisogna, per esempio quando ci ritroviamo in casa delle pop up dalla colorazione spenta ed anonima, una specifica tecnica di colorazione che prevede l’uso di una soluzione di colorante/acqua, da versare in quantitativo sufficiente, in un recipiente, tale da bagnare esteriormente fino a rifiuto, le nostre esche. Basterà aspettare qualche ora fino a che il colore non sarà del tutto assorbito ed asciutto. Nel caso di produzioni di pop up fatte in casa, questo trattamento dovrà avvenire prima della cottura (tassativamente a vapore). In quest’ultimo caso la resa de colore, sarà massima.

Ma può bastare il colore per avere un’esca pop up performante? Sicuramente no! Ed anche qui gli esempi di esca che funzionano egregiamente comprendono, oltre ad un colore ricercato, una fonte attrattiva molto particolare. Stiamo parlando di fattore pH, infatti questo tipo di esche galleggianti sono costruite con in mente l’idea di essere acide, inserendo nell’esca direttamente degli acidi organici forti. L’esempio che tutti conoscono ed avranno apprezzato è un connubio tra un aroma tendenzialmente acido in accoppiata con dell’acido butirrico. In acque tendenzialmente basiche, come possono essere quelle italiane, un’esca, singola, ripeto singola, con un segnale attrattivo molto acido, amplifica notevolmente le proprie qualità attrattive, proprio grazie alla grande differenza di potenziale che si viene a creare tra esca ed elemento liquido. Attenzione! Stiamo parlando di esca singola che non dovrà essere ingerita dal pesce. Non sia mai idea di qualcuno, inserire elementi acidi, in esche usate per la normale pasturazione, allo scopo di aumentarne l’attrattività!!  

Vi sono momenti particolari, che meritano di essere citati, nei quali sia sempre appropriato l’uso di un’esca staccata dal fondo. Sono quei frangenti nei quali il pesce non ha nessuna voglia di nutrirsi. La pesca invernale, ad esempio. Il sottoscritto quando l’acqua scende al di sotto i 10°c (dato medio) mette sempre in scena delle esche galleggianti. Quando le temperature dell’acqua non consentono di creare contesti di alimentazione continuata e frenetica, con pasturazioni ad ampio spettro, (situazione top) ma invece si deve stare molto attenti a non sfamare i pochi pesci presenti, ancora disposti ad un minimo di attività alimentare, centellinando pastura ed affinando tecniche atte ad attrarre ed incuriosire il pesce. È il momento dei P.V.A., del micro pellet, delle micro-boilie da 10mm di diametro e… Delle poppy!! Rigorosamente di piccolo diametro, di colore chiaro, sapientemente aromatizzate. Staccate dal fondo almeno 5cm e tenute in posizione da dosi calibrate di pasta al tungsteno, appena sufficienti a farle restare in posizione.

 Un attento bilanciamento della pop up porta sempre a buoni risultati, l’esca criticamente bilanciata risulterà sempre molto più attrattiva. Il sistema che prediligo per la contro bilanciatura è semplice e prevede il classico chicco di riso lungo la trave del terminale, sul quale fissare la pasta di tungsteno con la quale è molto facile essere precisi. Rimanendo nel campo dei terminali è utile ricordare che l’uso di montaggi che prevedono l’esca staccata oltre i 10cm dal fondo, (per i quali il sottoscritto non nutre la massima simpatia) sia proficuo adottando finali in fluoro carbon, in quanto questi ultimi in acque limpide sono meno visibili al pesce. L’assetto con esca galleggiante mette in evidenza proprio l’aspetto del mimetismo, ben diverso e di più facile gestione è la pesca poggiati al fondo, Quindi prendiamo atto di questo e cerchiamo di mitigare quelli che sono gli aspetti più sospetti ed evidenti.

 Una presentazione che mi piace molto, con la quale ho ottenuto ottimi risultati è lo snow-man, od omino di neve. Questa presentazione prevede il montaggio di 2 esche sullo stesso hair rig, una del tipo affondante e l’altra galleggiante, tutti la conosciamo. Trovo che sia ottima sotto molti punti di vista in quanto l’uso di una boilie “normale”, concepita quindi per portare in acqua i messaggi attrattivi, costituita da una tessitura che faciliti lo scambio con l’elemento liquido, nella quale è immersa, rappresenti una base attrattiva molto più completa ed efficiente che non la sola pop up, che ricordiamolo, tutto può essere fuorché un ottimo veicolo per gli aromi inseriti. Lo scambio in acqua di questa esca sarà direttamente proporzionale alla sua galleggiabilità, quindi… Personalmente credo che il connubio tra una buona esca affondante dal profilo assolutamente acido, del tipo Sweet crunch ad esempio, del diametro di 14 mm, di colore molto chiaro, sia perfettamente abbinabile ad una boilie galleggiante, sempre dello stesso gusto, del diametro di 20mm, assolutamente molto chiara. Succede che la mole maggiore dell’esca galleggiante, riesce a coprire tutta una serie di assetti, anche molto estremi, ossia riesce ad alzare terminale amo ed affondante anche per 15 cm che sono più che sufficienti a coprire la maggior parte delle situazioni. In questa montatura inoltre, abbiamo un secondario vantaggio che sfrutta il diametro inferiore dell’esca vicina all’amo per agevolarne la rotazione, con una conseguente allamata più profonda e sicura.

Ora sembrerò lo sbruffone di turno ma concedetemi un po’ di franchezza. Ho sempre letto di montaggi per pop up, di ami per pop up, di questo per pop e quello per up! Francamente ho scremato il superfluo da quello che mi serve e funziona veramente, e sapete con cosa sono rimasto?  Con un solo amo e un solo rig. Con tutto questo po’, po’ di roba, so che posso far fronte ad almeno il 90% della mia casistica!  Come concetto di massima, Ho riscontrato che un rig che si comporta egregiamente con un’esca da fondo, diventa infallibile (o quasi) con esche galleggianti. Questo succede per due motivi: al primo, abbiamo accennato nelle righe che precedono, ossia che un rig che lavora staccato dal fondo funziona meglio semplicemente perché è più libero nei movimenti da eventuali intralci presenti sul fondale, in secondo luogo un’esca che tende a “schizzare “verso l’alto riesce sempre a favorire l’azione del’amo, ne agevola l’entrata nella cavità orale, ma anche rotazione e conseguente ferrata. I parametri sui quali, in ogni caso non transigo più, sono: mobilità e scorrevolezza assoluta del capello, concetti di rotazione amplificati. Semplice a dirsi… ma anche a farsi!!

Usando pop up singole, trovo sia sensato compiere un’azione preventiva di rafforzo della base aromatica. Se l’intelligenza e la parsimonia da parte dei pescatori di carpe, si è evoluta a tal punto di non esagerare più nei dosaggi delle parti liquide e nell’uso delle pop up, questa pratica offre buone opportunità di riuscita in quanto è in linea con i poteri che stuzzicano curiosità ed aggressività di cui sopra. Va da sé che le carpe non devono averla mai (o quasi) conosciuta prima, a buon intenditor… Una sorta di dip leggero e pensato esclusivamente per questo tipo di esca, che possa anche farsi carico di qualche rischio (calcolabile) di sovradosaggio. Basterà aggiungere qualche goccia dei liquidi adatti alla situazione almeno 24 ore prima dell’uso per ottenere esche singole da “caccia”. In un contenitore ermetico inseriremo una ventina di boilies di diversi diametri, del gusto prescelto, per esempio lo strawberry. Inseriremo nello stesso barattolo:

12 gocce di aroma strawberry + 24gocce di sweetner nhdc + 6 gocce di black pepper + 36 gocce di Minamino.

Agiteremo vigorosamente il contenuto che sarà pronto per il giorno dopo.

In commercio, al giorno d’oggi possiamo trovare una moltitudine molto varia di esche pop up. La qualità soprattutto per quanto riguarda le doti di galleggiamento, ha fatto in questi ultimi anni, passi da gigante oltre ai livelli e toni di colorazione. Ogni casa produttrice di esche possiede nella sua gamma una serie di esche galleggianti. Per riconoscere un prodotto di qualità si devono tener presenti sopratutto i canoni estetici. Una boilie perfettamente sferica, con un packaging dignitoso è quasi sempre sinonimo di un ottimo prodotto. Anche le più grandi industrie lavorano a mano questo tipo di prodotti ed il risultato è sotto i nostri occhi. Diffidiamo di esche che presentano crepe, poca sfericità, colorazioni pressapochistiche, saranno sicuramente dei bluff anche in fatto di galleggiamento. La tendenza dell’ultimo periodo è quella di ottenere esche che galleggino per molti giorni, con prodotti totalmente naturali, ossia che non arrechino danni al pesce nel caso di ingestione accidentale. Questo fattore è sicuramente agevolante anche per quel che possa riguardare l’attrattività dell’esca stessa. Pensate che vi sono produzioni di esche che contengono polvere di sughero, segatura, ecc. che in quanto ad attrazione…  Le ditte di rango hanno messo a punto dei sistemi per ottenere la massima affidabilità per la massima resa dei profili salienti di questa particolare tipologia di esche. C’è chi inserisce delle micro bolle d’aria, ottenute attraverso un particolare processo chimico di fermentazione, oppure chi comprime ad altissima pressione l’impasto, alzandone la temperatura, fino quasi a fonderlo, prima della cottura. Chi invece ha escogitato l’inserimento di microsfere cave galleggianti, di origine naturale dall’ottima resa.

Tuttavia possiamo affermare che un prodotto di ottima qualità, ottenuto industrialmente, sarà sicuramente più sicuro e performante di un prodotto analogo, ma fatto in casa. Infatti non è ancora radicata (e forse mai lo sarà) nei carpisti, l’usanza di prepararsi da soli le pop up. Esistono comunque in commercio mix già pronti per la realizzazione casalinga e personalizzata di questo tipo di palline. Le fasi costruttive non si discostano molto da quelle delle “cugine” affondanti. Molti produttori di mix consigliano l’uso di acqua al posto delle uova, in quanto l’acqua è più facile da espellere e lascia all’interno della pallina meno residui. Le produzioni saranno sempre molto ridotte, ragionando nell’ordine di un uovo per volta. L’inserimento dei liquidi avverrà proprio facendo riferimento alla quantità di uova. Personalmente trovo perfetta l’attrazione che deriva dall’inserimento di 2 ml di aroma, unite a 2 /4 ml di dolcificante assieme a 10/20ml di attrattivo di origine organica (composto amminoacidico), il tutto riferito ad un uovo. Questo tipo di impasto risulterà particolarmente slegante e bisognerà avere la pazienza del Certosino di rollare nei vari diametri, completamente a mano.  In questo contesto, sottopongo alla vostra attenzione questa ricetta aromatica che mi ha dato grandi soddisfazioni in acqua fredda con pesce assolutamente bloccato:

Mix pop-up q.b.  +  1 uovo + 6 gocce orange oil + 24 gocce scopex + 12 gocce bergamotto +20 gocce nhdc

+ 10 ml true blood.

Può esser anche stimolante ed al tempo stesso proficuo, preparare da soli un mix casalingo. La natura, nonché la qualità degli ingredienti sarà fondamentale per ottenere un’esca galleggiante di sicura efficacia. Queste le farine che lo compongono:

200 gr semolino + 400gr mais fioretto + 300gr soia tostata +150 gr caseinato di sodio + 50 gr caseina acida.

 

L’impasto verrà preparato con metà uova e metà acqua, una volta rollate e pronte, le esche verranno fatte bollire in acqua bollente per circa 90 secondi. Asciugheremo per almeno 48 ore le sfere, dopodiché le faremo cuocere nel forno a microonde per altri 2/3 minuti. Ancora un giorno per l’asciugatura finale e galleggeranno in eterno!