SALVIAMO IL SALVABILE
In questo periodo nel quale il nostro paese sta vivendo un momento di metamorfosi per quanto riguarda la pesca nelle acque interne,credo sia sempre buona cosa affrontare un argomento che sta molto a cuore a noi appassionati di carpfishing. Mi riferisco alla nostra tanto amata etica, motivo detonante delle nostre scelte, la linea che ci separa da altri rendendoci così diversi e ,a volte, addirittura strani. E’ sempre molto delicato parlare di qualcosa che non puoi stringere fra le mani come faresti facilmente con una canna da pesca, afferrare quel filo conduttore che metta tutti sulla strada giusta non è cosa facile . Il grande interesse che ruota attorno a questa disciplina è dimostrato dal sempre crescente numero di appassionati spinti anche dall’onda dei grandi risultati ottenuti in svariate acque della penisola. In molti casi però l’interesse dimostrato riguarda solamente il pescato , le tecniche o magari l’attrezzatura, lo dimostra il fatto che poi certi carpisti non si comportano in modo appropriato nel rispetto delle loro prede, a volte tolte dal loro ambiente per essere immesse in altri luoghi ,o ancor peggio ,uccise. Ha perfettamente ragione l’amico Roberto Ripamonti quando dice che verrebbe voglia di darsi ad altre tecniche!!
L’educazione Il motivo di tali avvenimenti è da ricercare laddove il carpfishing è nato, infatti in Inghilterra trova terreno fertile con fondamenta etiche già ben radicate nei pescatori inglesi, qui la pesca è già una nobile arte. Da noi le cose sono ancora un po’ diverse, era ieri infatti che il nonno tornava a casa con il cestino pieno di scardole per assicurare una cena che magari poteva andare anche peggio. Con questo passato dietro l’angolo come possiamo sperare di diventare ,oggi ,dei buoni carpisti europei? Credere nel carpfishing vuol dire prima di tutto adorarne l’ etica, nelle nostre vene deve scorrere il sangue dell’amore per la natura , questi sono i primi impulsi che hanno spinto me e tanti come me a diventare carpisti , anche se carpisti, forse, lo eravamo già dentro. L’ultima parola di questo sentito appello la vorrei spendere come denuncia alle scie di rifiuti ,a volte addirittura nascosti tra i cespugli (ancora peggio) ,che molti anglers si lasciano , purtroppo, ancora dietro: qui non ci sono scuse, in questo caso centra soltanto l’educazione, non serve essere “veri” carpisti per lasciare il nostro spot pulito.
Tecniche dell’etica In questi anni di pesca ma soprattutto di esperienze a vari livelli mi sono reso conto che molte ancora potrebbero essere le migliorie per ampliare il quadro delle regole generali che riguardano la detenzione e il rilascio del pescato. Articoli a questo proposito ne sono ,per fortuna, già stati scritti molti , tutti molto precisi e dettagliati e per non essere ripetitivo, anche se sarebbe il caso di esserlo, nelle mie note c’è soltanto qualche particolare dato dalle esperienze di svariate ore di pesca del sottoscritto e dei miei amici.
Slamatura Comincerei dal momento in cui il pesce è appena stato guadinato: Una scelta che ,secondo me, apporta una miglioria nella qualità del rispetto nei riguardi del nostro pesce consiste nella slamatura eseguita con la carpa ancora in acqua all’interno del guadino ,operazione non sempre facile da eseguire in quanto la conformazione della sponda su cui peschiamo potrebbe essere un ostacolo per questo tipo di pratica , ma nei casi dove si può adottare in piena sicurezza ,evita la possibilità, per altro frequente , che nel salpare il pesce ancora allamato la punta dell’amo dopo aver trapassato da parte a parte il labbro della carpa, vada inoltre ad allamare una maglia della rete del guadino, è inevitabile che se questa maglia è in una zona alta della rete , nel preciso momento di sollevare il tutto dall’acqua , il pesce , con il suo peso , tenderà a rimanere verso il fondo , l’ amo impigliato nella parte superiore gli impedirà la libertà di movimento; in questo caso le conseguenze sono due: la prima è la rottura della rete, la seconda , ben più grave, è la slamatura forzata con conseguenti lesioni molto gravi per la nostra malcapitata. Questo problema era venuto alla luce in un paio di casi nei quali trovammo , una volta sul materassino, la carpa già slamata con la bocca che presentava una ferita oltre il consentito. Nella slamatura è utile aiutarsi con una pinza - slamatore in acciaio inox , ma è anche inutile fossilizzarsi nell’uso del tale ,qualora fossimo di fronte ad una situazione di allamatura complessa, è conveniente in questi casi tagliare il terminale e far passare il tutto dalla parte contraria, evitando così le complicazioni che a volte derivano dal dover (o voler) togliere l’amo normalmente , l’ardiglione in certi casi di slamatura provoca danni irreparabili nella bocca della carpa.
ManipolazioneNel nominare l’irrinunciabile materassino dobbiamo ricordare che lo stesso, unito a tutti gli altri accessori che dovranno entrare in contatto con il pesce (weight sling- carp sack) dovranno essere abbondantemente bagnati, (mani comprese) questo proprio per essere ripetitivo , in quanto è una pratica non ancora utilizzata dalla totalità dei pescatori . Dobbiamo ricordare che l’ impiego di questo procedimento può scongiurare i possibili pericoli che incorre il pesce nella eventuale perdita delle mucose di protezione (forme di micosi ,infezioni ,ecc. ) la cui asportazione è identificabile nel contatto con corpi non precedentemente umidificati, risulta utile anche ricordare che in tutta la fase in cui la nostra cattura permane a contatto con l’aria (non con l’acqua dove è stata creata per vivere) deve essere sempre abbondantemente bagnata , mediante il nostro intervento ,coadiuvati nell’occasione da una tanica o da una semplice bottiglia di plastica in modo tale da non lesinare nelle dosi ; il particolare è molto importante in quanto l’aria è molto veloce nell’asciugare l’umidità superficiale depositata sulla pelle del pesce, quindi il nostro intervento dovrà essere costante per tutta la fase di manipolazione ,eviteremo ,in tale maniera ,di ritrovarsi con la carpa che si “attacca” alle mani ,perchè, a questo punto, sarebbe già troppo tardi. Concludendo con la fase nella quale siamo noi a contatto diretto con la nostra avversaria, mi sono accorto ,una volta ,di aver involontariamente estirpato ad una splendida regina ,un paio di squame ,questo era dato da un accessorio che dovrebbe esser tolto in questi momenti, infatti l’orologio può causare dei danni al corpo della carpa, come , secondo il mio modesto parere, sono da evitare indumenti con bottoni “contundenti” o spille dalle forme pericolose; qualcuno potrà dire che questi sono particolari su cui si può anche soprassedere, ma il solo motivo di essermene accorto e di averne fatto, personale pratica di routine , mi riempie di felicità ,d’altra parte, a questa disciplina, se ci si crede , lo si deve fare fino in fondo, secondo me, anche il minimo particolare può fare grande la differenza.
Detenzione E’arrivato il momento in cui il grosso ciprinide viene immesso nel carp sack e finirà , finalmente ,di nuovo in acqua . A questo proposito un’altra parentesi si apre proprio a riguardo dei sacchi di ritenzione: mi è capitato più volte di scorgere dei carpisti fare uso di sacchi che non sono stati appositamente studiati per il carpfishing, , assomigliano più a delle nasse per la pesca al colpo (con tutto il rispetto che ho per questo tipo di pesca ), a volte , la larga maglia di cui sono composti può rappresentare un pericolo per le pinne della carpa. Da questi “carp sack” ho visto uscire una specchi di quasi 20 Kg. con la coda parzialmente amputata , se non bastasse altre due regine con la pinna dorsale ridotta ad un moncherino sanguinolento. Nella scelta di questo articolo , affidatevi alle migliori aziende del settore e credo di non poter essere contraddetto nel nominare FOX e HUTCHINSON ,esse vi danno la garanzia fatta di molte ore di prove sul campo , eviterete così macabre sorprese .Parlando di detenzione bisogna ricordare che un sacco ospita una carpa , quindi se desideriamo effettuare delle fotografie con catture multiple (beato chi le fa) o immortalare tutte le nostre catture notturne con la luce del giorno, nel nostro bagaglio dovranno essere compresi almeno 4/5 sacchi di ritenzione ,che ,sinceramente, occupano poco spazio e non sono poi così costosi per la reale importanza che ricoprono . Non rischiate! Non potete immaginare la sorpresa che potreste avere nell’aprirne uno entro il quale erano state riposte due povere malcapitate.Ogni sacco va equipaggiato di cordicella di 4/5 mt.di lunghezza con moschettone finale da fissare alle maniglie (nei tipi con cerniera) o al cordino di chiusura ,nei tipi tradizionali. Questo perchè non sempre i luoghi dove peschiamo possono ospitare il pesce nell’immediato sottoriva , sopratutto nei fiumi e canali con forte sbalzo di marea , fondali che degradano dolcemente o sponde particolarmente alte rispetto il livello dell’acqua ,in questi casi la cordicella lascia il movimento necessario al pesce per raggiungere lo strato d’acqua a lui più congeniale in questo particolare momento. Non prolungate il periodo di ritenzione oltre il necessario, ricordiamo che una carpa nel sacco vive in uno stato di forzatura, quindi la norma più umana da seguire è che un pesce catturato la notte possa essere fotografato all’alba , approfittando di questi frangenti di luce per creare oltremodo foto dense di significati particolari .
Ossigenazione Al momento dell’immissione nel sacco è importante assicurarsi che il pesce abbia ripreso tutte le sue funzioni, se avete qualche dubbio del tipo : posizione del pesce non perfettamente bilanciata, non abbiate incertezze e continuate ad ossigenare il pesce tenendolo per la coda e spingendolo avanti e indietro fino ad una sua certa ripresa. Il rilascio vero e proprio verrà eseguito con le stesse modalità. Questi canoni non sono ancora entrati totalmente a far parte del nostro costume di carpisti è per questo che continuiamo a vedere scene penose con carpe che vengono tuffate in acqua perchè la sponda non consente all’angler di ossigenarle : date retta , in altre posizioni , forse scomode, o in altri posti ,il sistema c’è....sempre. Tutto questo succede ancora perchè molti non si rendono conto di quello che può accadere ad una carpa che vive una situazione di tale genere , a me, purtroppo ,è capitato di assistere proprio alla scena che da la chiave di apertura di tutto il problema : la carpa , rilasciata senza essere stata preventivamente ossigenata , cominciò a nuotare completamente disorientata sbattendo più volte il muso contro le grosse pietre presenti nel sottoriva dopodichè si arenò in acqua bassa adagiandosi su di un fianco, il nostro intervento ,a questo punto , fu obbligatorio e completammo una lunga e laboriosa fase di ossigenazione prima di vedere il meraviglioso ciprinide riprendere il largo, per la verità, con molta fatica . Per quanto tempo era rimasto in secco !?! Tutto questo, purtroppo, avveniva nel più totale disinteressamento del pescatore coinvolto , che nel frattempo si preoccupava di lavare ed asciugare i suoi preziosi accessori .Medicazione Nominando gli accessori , mi viene in mente la piccola boccetta di antisettico (KRISTON KLIN-IK o SOLAR REMEDY) che tutti abbiamo , ma che troppe volte rimane sul fondo della borsa nascosta da mille altre cose, sicuramente non per negligenza ma solo per pigrizia mentale, saremo tutti più contenti nel vedere ogni cattura curata di questa piccola ma importante attenzione, devo ammettere che anch’io , qualche volta , ho omesso questa pratica , ma da quando tengo il mio KLIN-IK sopra il materassino pronto all’uso , questo non mi è più successo. Se per la carpa l’osservanza dei citati dettami offre garanzie di sopravvivenza molto elevate ,lo stesso non si può dire per un altro nostro nobile avversario, sotto il quale nome si celano le attenzioni che gli dobbiamo prestare :
L’amur. Questo formidabile “pescione” merita da parte nostra una particolare sensibilità dopo la sua cattura. Due sono le regole alle quali dobbiamo sottostare: massima rapidità di esecuzione in tutte le fasi post-cattura (pesatura ,fotografia , medicazione) e una grande meticolosità nell’ossigenazione , regola che andrà affrontata senza nessuna fretta Questo combattivo ciprinide presenta fondamentalmente un problema alla vescica natatoria. In effetti ,fuor d’acqua,l’aria che viene ingurgitata gonfia la stessa e viene poi espulsa con molta difficoltà, è per questo motivo che l’amur dopo un rilascio frettoloso e conseguente ossigenazione insufficiente non potrà inabissarsi (a causa della vescica ancora troppo piena d’aria) una lunga agonia sul pelo dell’acqua , il più delle volte mette fine alla sua vita .Praticamente la fase in cui noi ossigeniamo il pesce serve ,anche e sopratutto , a espellere l’aria contenuta nella vescica natatoria. Il tempo da dedicare a questa delicata fase non è facilmente quantificabile ma è sicuramente direttamente proporzionale al periodo nel quale l’amur rimane fuori dal suo elemento. Quindi , dimentichiamoci i posti dal critico equilibrio , per lo svolgersi di codesta operazione , dovremo essere sicuri di portare a termine la “missione”,pena: la morte della nostra preda . Ricordo a questo proposito , una sfortunata fase di ossigenazione di un grosso amur che il mio “socio” Roberto Schiavinato aveva da poco catturato : toccò a me il release : mi misi comodo , con gli stivali lunghi, in acqua , tenevo saldamente il grosso pesce per la coda , con una mano, con l’altra massaggiavo il ventre della preda , andava tutto bene , ad un tratto (troppo presto)un’esplosione di energia e l’amur mi scivolò via , riemerse ,dopo poco , a centro lago, si inabissò , tornò sù , questo per più di tre quarti d’ora , portandoci all’esasperazione , poi sparì .Ricatturammo quel pesce dopo tre giorni , il suo rilascio non diede più nessun problema . Per ovviare all’inconveniente appena citato può essere un’idea molto efficace immettere l’amur entro un carp-sack e ossigenarlo come da prassi, in questa situazione l’erbivora è impossibilitata alla fuga. Terminato il tutto (non meno di 15min.) faremo uscire il bestione che nel frattempo avrà riacquisito tutto il suo vigore. Io credo che anche questi piccoli accorgimenti , uniti a tutte le cure di cui tutti noi abbiamo piena padronanza , servano a voi come servono a me , nell’intento di far crescere lo spirito di questa tecnica, annaffiando un terreno che a tratti non è ancora molto fertile, ma che con i nostri comportamenti e i nostri pensieri potremo rendere rigoglioso, una terra sulla quale i nostri figli potranno correre a piedi nudi senza il pericolo di calpestare i cocci di una vecchia bottiglia di birra abbandonata chissà quanti anni fa da un carpista del 2000 .