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Hair rig

La mia specializzazione come tecnico dell'esca mi porta spesso a trattare esclusivamente l'argomento "boilies" e ingredienti, dimenticando come la storia di questa rivoluzione sia legata al connubio esca sferica+hair rig.

Oggi voglio quindi parlare di terminali sia dal punto di vista storico sia nella pratica quotidiana.

Mi ha lasciato molto perplesso un sondaggio che ho lanciato su Instagram dove chiedevo se fosse nato prima l'Hair rig oppure la boilie e che ha visto comunque più del 40% di chi ha risposto nella convinzione che sia nato prima il terminale!

Per questo motivo ho deciso di riproporre questo scritto del 2021 dove racconto la storia del "capello", la soluzione tecnica che ha fatto nascere il moderno carpfishing!

 

Le boilies nascono fra gli anni '60 e i '70 ad opera di Fred Wilton che rese pubblica l'invenzione dell'esca nel 1972.

 

(clicca qui per leggere la storia delle boilies raccontata dallo stesso Fred Wilton)

 

Quando vennero inventate le palline erano molto differenti da quelle attuali perchè dovevano essere innescate direttamente sull'amo facendo sporgere la punta fuori dell'esca stessa.

I metodi di innesco vennero poi personalizzati e specializzati fino ad arrivare all'invenzione dell'hair rig , fatta a metà degli anni '70 da Lenny Middleton e resa pubblica nei primi anni '80 grazie alle pubblicazioni di Kevin Maddocks.

Questa è una storia abbastanza nota e molti di voi avranno letto che Len fece degli esperimenti di innesco in un acquario, usando un capello della figlia per collegare esternamente l'amo alla boilie.

Ovviamente, per quanta verità possa esserci in questa storia, la trasposizione in pesca della strategia venne operata usando un sottile monofilo in nylon (una misura che per l'epoca doveva essere 0,10-0,12 mm)legato alla curva dell'amo e munito di una piccola asola che serviva per trascinarlo fuori dalla pallina con un ago da calza e bloccare poi il tutto con uno stopper. All'epoca si usavano materiali di recupero come rametti, pezzi di stuzzicadenti ecc.

Questa invenzione, unita alla selettività delle rivoluzionarie esche bollite, cambiò drasticamente l'approccio alla pesca della carpa facendo nascere, di fatto, il moderno carpfishing.

Molti ignorano che l'hair rig non fu l'unico terminale inventato all'epoca per innescare le boilie esternamente all'amo...

 

Un altro brillante pescatore del Kent (la regione da cui proveniva e pescava Fred Wilton) si era ingegnato per lasciare libero l'amo e favorire l'azione di impuntamento grazie all'energia prodotta dal pesce nell'atto di sputare la boilie : Rod Hutchinson.

 

A questo brillante pioniere si deve l'invenzione del D rig, una forma di terminale in cui la boilie è libera di muoversi fuori dall'amo, scorrendo su un asola di nylon (a forma di D appunto)che le permette di scivolare repentina verso l'occhiello quando sputata, lasciando libera la punta di fissarsi al labbro del pesce.

Questa soluzione presentata sul Rod Hutchinson carp book, un libro del 1980, è certamente coeva rispetto all'hair rig e potenzialmente sovrapponibile, tanto che entrambe sopravvivono ai nostri giorni in mille varianti più o meno complicate.

Rod Hutchinson è ovviamente ricordato per mille altre cose, ma con questo scritto volevo porre l'attenzione sul fatto che l'evoluzione tecnica legata alle boilies si sviluppò su differenti correnti di pensiero, nella stessa epoca storica in cui concentriamo quasi tutte le innovazioni che determinarono la rivoluzione della tecnica.

Entriamo ora nell'approccio tecnico ad entrambe le soluzioni.

Non sarà ovviamente possibile disquisire delle mille varianti sul tema a cui siamo sottoposti ai nostri giorni, quindi mi limiterò all'analisi dei dettagli principali.

Partendo dalla soluzione chiamata hair rig, dobbiamo premettere che gran parte della sua efficacia è legata all'effetto "martello" che esercita la pallina quando viene soffiata fuori dalla bocca del pesce, perchè questa azione impunta l'amo favorendo l'effetto ferrata esercitato poi dal piombo.

Le carpe aspirano e sputano il cibo per un motivo molto banale, durante l'aspirazione finiscono in bocca anche diversi detriti del fondo (oltre al cibo) e quindi la selezione avviene assaggiando ripetutamente e espellendo violentemente gli inerti non edibili.

L'osservazione di questo fenomeno in acquario portò Lenny a elaborare il concetto di hair rig.

Si può quindi affermare che il "capello" è la scelta azzeccata per insidiare carpe che cercano le boilies per MANGIARLE come cibo, criterio questo univoco negli anni '80. Mi preme ribadirlo perchè molti rig moderni sfruttano invece la curiosità del pesce che tocca con la bocca gli oggetti che risultano strani e che destano il suo interesse.

La mobilità del capello è quindi il requisito fondamentale per il funzionamento insieme alla sua lunghezza.

I materiali trecciati odierni sono tutti molto morbidi (anche i rivestiti contengono in genere un filato dinamico) e validi per la realizzazione di questo rig che agli albori veniva fatto con il nylon, usando i diametri più sottili possibile, e in seguito con i primi dacron.

La lunghezza del capello andrebbe invece regolata seguendo due parametri fondamentali: la grandezza della boilie e la confidenza con cui il pesce aspira il cibo.

Diciamo che più lungo è il rig e maggiore sarà l'effetto impuntamento dato dalla spinta della boilie soffiata fuori dalla bocca.

Una carpa che si alimenta sullo spot pasturato precedentemente risulta più confidente e tende ad aspirare e sputare con una certa decisione e violenza. 

Quindi se pasturo preventivamente allungo il capello, se invece pesco su spot non preparato lo accorcio.

Un altro problema da evitare è il cosi detto "effetto ombra" che si manifesta quando una grossa boilie (24-30 mm.) risulta troppo vicina all'amo e tende a farlo girare con la punta lontana dal labbro quando risputata.

Per questo motivo le esche grosse vanno tenute più lontane dall'amo.

Ma come si misura la lunghezza del rig?

Tenendo il terminale in mano, con l'amo e la boilie a penzoloni, quello che dobbiamo considerare è la distanza fra la curvatura dell'amo stesso e il punto più vicino della pallina.

Una distanza di 4-5 millimetri può essere considerata il minimo (hair rig corto) mentre un paio di centimetri posso essere il massimo necessario a distanziare una boilie del 40 da un amo della misura uno.

Chiaramente la lunghezza totale del capello si misura dal suo punto di uscita dal gambo dell'amo , all'apice dell'asola per lo stopper e questa misura è data dalla somma del diametro della boilie + le distanze considerate appena prima.

L'hair rig è ancora oggi un terminale universale che ha solo due grossi difetti:

  1. in presenza di pesci di disturbo tende a ingarbugliare rendendosi inefficiente 
  2. se il pesce non mangia con stimolo ad alimentarsi ma per curiosità, un hair rig lungo rischia di non far finire l'amo nella bocca del pesce.

Venendo invece al D rig, l'ho sempre considerato la migliore soluzione ALL ROUND possibile e infatti rappresenta il mio terminale preferito in ogni occasione perchè facilmente adattabile alla dimensione dell'esca e al suo peso specifico (funziona bene anche con le bilanciate e pop up) e essendo molto meno delicato nei confronti del disturbo del pesce.

 

(clicca qui per scoprire il mio terminale preferito)

 

Rispetto alla prima versione di Rod Hutchinson che puoi vedere nella gallery fotografica, questo spettacolare rig si è evoluto grazie ai materiali e ai montaggi eseguiti da professionisti e poi commercializzati pronti dalle aziende.

Ma il concetto è sempre lo stesso, ovvero permettere lo scorrimento della boilie che slitta verso l'occhiello in fase di espulsione , favorendo il primo aggancio della punta dell'amo.

In questo caso non esiste effetto ombra e per questo motivo si possono insidiare anche pesci che mordono (come l'amur) o che assaggiano timidamente l'esca.

L'unica cosa che si regola è la lunghezza del gambo dell'amo, scegliendo quelli più lunghi per tutte quelle occasioni in cui si ha a che fare con pesci smaliziati, erbivore oppure inneschi pop up fatti per stare in verticale con l'occhiello dell'uncino poggiato al fondale.

Il D rig non garbuglia mai soprattutto se associato a materiale rigido o semi rigido (non ha la necessità di morbidezza dell'hair rig) risultando imbattibile nelle acque disturbate o molto correnti.

Devo riconoscere la superiorità del rig di Rod che mi portò, già nel 2002, ad abbandonare l'hair rig e pescare esclusivamente con questa tipologia specifica.

L'unico vero difetto imputabile a questa soluzione è la difficile realizzazione effettuata sul posto pesca che prevede si debbano preparare i terminali preventivamente, usufruendo magari di un morsetto come quello usato per fare le mosche.

Io ho ovviato a questa difficoltà rovesciando il concetto di D, fondendolo con lo scorrimento prodotto da rig tipo blow-back, impostando una soluzione molto pratica da fare anche all'ultimo minuto e priva di grosse criticità per quello che era il mio stile di pesca.

Esulano da questo mio scritto le soluzioni estreme come Ronnie rig ecc. che fanno parte di un concetto di moderna pesca alla carpa legata a pesci molto stressati che mangiano ESCLUSIVAMENTE  per curiosità specifica. Questo non significa che io non ritenga valide queste nuove dinamiche, ma semplicemente che "ai miei tempi" e per il mio stile di ricerca e pesca dedicato ad acque naturali e pesce liberi, non erano necessari.

spero di avervi dato piacevoli spunti di lettura e riflessione e vi lascio, come al solito, con la gallery delle immagini.