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Tribu rig

TRIBU.RIG

di Stefano Forcolin

 

Un assemblaggio semplice e molto efficace, provato a lungo, è la migliore arma in nostro possesso.É il caso del Tribu rig…

 

Con questa ultima trattazione si conclude una lunga collana di articoli dedicati ai terminali. É stato un percorso che mi ha dato modo di riordinare molti dei pensieri che avevo e di catalogare tante esperienze vissute. Penso agli anni di applicazioni che mi hanno portato a formulare certi concetti ed il pensiero di quanti altri ce ne vorranno per riuscire a migliorarli se non a stravolgerli per arrivare addirittura, in certi casi, a cambiarli! Questo mi suggerisce che, forse, non basterà la mia vita di carpista…

E come in un cerchio che perfettamente si chiude, tutto è iniziato tra le righe di un post sul forum Big-Fish e tutto torna a chiudersi nello stesso istante nel quale è nato, riconoscendo a tutti i meriti acquisiti. In questo ultimo appuntamento cercherò di spiegare le motivazioni che mi spingono a presentare sulla rivista questo particolare tipo di montatura.

Ecco i perché: Personalmente sono sempre stato un amante delle acque vergini (o quasi), dove i montaggi con esca poggiata sul fondo dovessero funzionare a dovere. Uso esche pop-up o bilanciate solo qual’ora questo accorgimento si renda necessario, per motivi strettamente legati al fondale o alle condizioni di stress da parte del pesce. Per questo motivo ricercavo un assemblaggio che rispondesse a delle mie specifiche richieste, ecco quali: 1)Funzionasse perfettamente con qualsiasi tipo di presentazione sia essa affondante, bilanciata o pop-up.

2) Fosse rapida e semplice da realizzare anche sul posto di pesca, così da poter disporre sempre di montature “fresche” anche nelle condizioni limite più disparate.

3) Si rendesse disponibile in maniera molto flessibile ai cambi d’esca, sia come tipologia, che come misura.

4) Potesse contare su una percentuale di strike, la più alta possibile. Questo fatto che diamo troppe volte per  scontato è comunque non sempre facile da raggiungere e da stabilire se non disponendo di infinite ore da dedicare alla pesca, fattore, questo, sempre più prezioso e difficile da ottenere. 5) Avesse qualità che ottimizzassero al meglio la rotazione dell’amo.

 

6) Potesse disporre di accorgimenti atti a migliorare il potere anti espulsione dell’esca, risultati che si ottengono solamente perseguendo la teoria che prevede un hair rig molto mobile, possibilmente scorrevole. Richieste queste molto esigenti e dalle quali si evince una certa difficoltà di ottenimento se non passando attraverso qualche sorta di compromesso. Un lavoro ben eseguito e molto vicino alle caratteristiche che desideravo, ha completamente catturato la mia attenzione all’interno di uno squisito  post sui terminali sullo storico forum di Big-Fish(non più attivo n.d.r.). L’autore non poteva essere che un giovane e bravo carpista di nome Marco Tribunale (da qui il nome Tribu) il quale non si è mai accontentato di seguire le piste già battute, ma che ha voluto studiare e provare nuovi concetti che portassero a qualche sorta di miglioria. Secondo me ci è riuscito in pieno, inserendo nella sua creazione un concetto  ultimamente molto in voga, ossia quello del blow out rig. La traslazione del capello dal punto della curvatura massima dell’amo, fino al suo occhiello, è il massimo movimento che possiamo ottenere per migliorare le qualità anti espulsione del nostro innesco.É innegabile che questo fattore porti anche a donare alla presentazione ulteriore mobilità e naturalezza. L’unico aspetto negativo emerso nelle sessioni di prova, per il quale è giusto ponderarne l’uso, è dato proprio dalla grande mobilità del capello che in acque con forte presenza di pesci disturbatori può subire delle torsioni tali da farlo avvolgere lungo il gambo dell’amo. Questo fatto va ad influire direttamente sulla  misura dell’hair, nonché sulla sua mobilità, fattori senza i  quali vengono a mancare le sufficienti garanzie di successo. É quindi utile considerare questo aspetto in determinate acque. Per il resto l’ingegno ha portato ad una  sensibile ottimizzazione che   è stata ottenuta sostituendo il classico gommino della versione originale, con un anello in acciaio volutamente di dimensioni il più generose possibili. Questa sostituzione è basilare per dare al montaggio un sostanziale miglioramento nell’azione di scorrimento. Risulta fondamentale per questo tipo di montatura la scelta dell’amo, che dovrà ricadere tra quelli a gambo medio, come il Deep gripper di Leon. Grande cura verrà riposta pure nella scelta del filato che fungerà da terminale, in questo caso caduta sul perfetto Hooklink di Leon da 30lb terminale in hppe , morbido, al quale aggiungeremo dei pallini di pasta al tungsteno, i quali avranno lo scopo di agevolare l’effetto  disposto dal line-aligner, oltre a mantenere alto il profilo del mimetismo legato al fattore  looping..  Line aligner immancabile, idea che da anni oramai porto avanti come mio unico credo, che vede  nell’assoluta bontà del Line-aligner un detonatore perfetto ed appropriato per una comprovata rotazione dell’amo. Un’ottima innovazione è insita nel tipo di materiale che lega la boilie all’anello. E’ stato usato un comunissimo filo in nylon dello 0.40; questo fatto potrà sembrare strano ma la ragione ha fatto credere che nel poter disporre di un rig così mobile, era  perfettamente sensato pensare di accoppiarlo con un materiale rigido, in grado di mantenere l’assoluta mobilità della boilie rispetto all’anello. Parametro irrinunciabile sarà la distanza che dovremo rispettare tra l’esca e l’anello, che non dovrà mai essere inferiore ai 5mm. Inoltre l’uso del nailon risulta perfetto per creare dei nodi che avranno funzione di stop anti slittamento nei confronti della boilie, rispetto all’amo. A questo punto non resta che guidarvi attraverso la costruzione di questo ottimo rig augurandovi che vi possa servire a raggiungere la realizzazione di tutti i “grandi” sogni che  sino ad oggi erano riusciti a non svelare la propria identità, fuggendo sotto il pelo  di un’acqua troppo torbida per poter capire…Auguro a tutti voi che questi “grandi” sogni possano, un giorno, trasformarsi in immagini nitide, cristalline, indelebilmente custodite tra le pagine della vostra vita da carpisti…